#Behemothconsiglia di novembre: Bennett, Dürrenmatt, Jarry

Quanti di voi talvolta sentono l’esigenza di concedersi una pausa serale all’insegna di letture incisive e frizzanti, che possano strappare un sorriso? Avendo io stesso questa “urgenza” ho voluto mettere insieme in questa edizione novembrina di #Behemothconsiglia tre titoli accomunati dall’essere facilmente leggibili, di breve durata e tali da poter suscitare un sano sorriso quel tanto che basta, senza mancare dello spunto di riflessione finale che ogni lettura, a mio avviso, dovrebbe suscitare in ogni lettore.

Nudi e crudi di Alan Bennett

Di solito un ladro sceglie, fa una cernita, prende un oggetto e ne lascia altri. C’è un limite a ciò che riesce a far sparire: per esempio, è raro che porti via una poltrona, ancor più raro un divano. Questi ladri, però, l’avevano fatto. Avevano preso tutto.

Maestro indiscusso del racconto lungo – o romanzo breve, che dir si voglia – Alan Bennett racconta nei suoi libri storie paradossali col tipico piglio british. Nudi e crudi è certamente uno dei suoi lavori più interessanti che ci porta nella vita dei coniugi Ransome nel momento in cui, tornando dall’opera, si accorgono di aver subito un furto in casa. Non si tratta però del classico furto dei beni più preziosi: i ladri si sono letteralmente portati via tutto e alla coppia rimangono solo gli abiti da sera e gli effetti personali che avevano con loro al momento dell’uscita serale. Da qui parte il racconto che, in meno di cento pagine, tra momenti esilaranti ed altri più riflessivi, dimostra come la vita possa riservarci sorprese inaspettate che richiedono una cesura netta col passato e una nuova consapevolezza per ricominciare daccapo: qualità sviluppate gradualmente da Mrs. Ransome, che vede nel furto di tutti i suoi beni una qualche opportunità per poter dare una svolta decisiva alla sua triste vita, mentre il marito, col tipico atteggiamento da avvocato intransigente e cieco davanti ai segnali più evidenti della vita, non muta di molto la sua condizione di partenza e non riesce a comprendere l’ottimismo della moglie, teso com’è a riacquisire la sua comfort zone. Il potenziale di questo libro sta quindi nella impagabile capacità di Bennett di raccontare tali situazioni attraverso un assetto narrativo che non parte con l’intenzione di essere comico ma che inevitabilmente riesce poi a strappare qualche sana risata al lettore: non si tratta infatti di comicità, ma di ironia, una qualità tipicamente inglese, che non si ferma alla risata sguaiata ma prosegue verso la strada della riflessione.

Adelphi editore, 2001, 95 pagine, 9€

La panne di Friedrich Dürrenmatt

La via dalla colpa all’innocenza è sì difficile ma non impossibile, mentre è un’impresa addirittura disperata voler conservare la propria innocenza, e il risultato non può che essere disastroso. Lei vuole perdere dove invece potrebbe averla vinta, più tardi sarà costretto non a scegliersi una colpa, ma a lasciarsela attribuire.

Un altro autore che merita la nostra attenzione nell’evocare storie paradossali è certamente Friedrich Dürrenmatt che con La Panne ci porta a riflettere sull’estenuante razionalità della giustizia e sul senso di colpa. Una sera, la macchina nuova fiammante di un commesso viaggiatore al culmine della sua carriera si ferma in prossimità di una bella villa, per cui egli decide di entrare per chiedere aiuto agli abitanti della dimora. Questi, piuttosto che aiutarlo, preferiscono invitarlo a cena, promettendogli di trascorrere insieme una serata memorabile. Il protagonista finisce così per accettare e scopre ben presto che i suoi vegliardi ospiti sono ex giudice, un ex pubblico ministero, un avvocato e un boia, solitamente dediti a ricostruire per gioco i processi storici più famosi e, quando possibile, a crearne di nuovi, senza aver perso minimamente l’amore per il loro lavoro. Quella sera, per fortuna del commesso viaggiatore, il ruolo dell’imputato era libero e quindi gli viene proposto di partecipare attivamente al gioco, così da permettere loro di trovare un qualche reato anche per lui. Lo spregiudicato commerciante finisce per accettare, professandosi sin da subito completamente innocente. Il gioco inizia e attraverso le fasi di un vero e proprio processo, cadenzato dall’arrivo dei piatti durante la cena, si scopre come quest’ultimo si sia macchiato realmente dell’atroce reato dell’omicidio e quello che era partito come un semplice gioco si rivela ai suoi occhi come la tragica verità di una vita – la sua vita – macchiata dal sangue di un orribile reato: il dramma finale è dietro l’angolo. In questo caso il sorriso subisce una sorta di raggelamento mano a mano che si prosegue nella lettura: dall’inizio rocambolesco fino al finale sconcertante.

Adelphi editore, 2014, 88 pagine, 10€

Ubu Re di Alfred Jarry

“- Ebbene, cornoventraglia, ascoltami bene, altrimenti questi signori ti taglieranno le onecchie. Ma insomma, mi vuoi ascoltare?
– Ma vostra Eccellenza non ha ancora detto niente!
– Come, è un’ora che sto parlando! Credi che sia venuto qui a predicare nel deserto?
– Lungi da me questo pensiero.”

Ubu Re è la creazione sorprendente di quel geniaccio di Alfred Jarry, che scrisse quest’opera teatrale ancora giovanissimo e che si configura oggi come l’anticipazione più riuscita di tutto quello che verrà definito successivamente “teatro dell’assurdo”. Nella figura di Ubu vengono annullati tutti i principi dell’arte: dalla morale alla lingua, senza trascurare una vigorosa destrutturazione del genere teatrale propriamente inteso. Definito dai critici come l’antieroe per antonomasia, Ubu, protagonista di questa prima pièce teatrale del drammaturgo francese, sfugge effettivamente a qualsiasi definizione vagamente nozionistica. Ubu è tutto e niente. Si potrebbe dire senza togliere nulla a nessuno che si configura come la condensazione in un unico personaggio letterario di tutto ciò che c’è di malvagio nell’uomo: ingordigia, avidità, sconcezza, falsità, opportunismo e chi più ne ha, più ne metta… Ma anche semplicemente così esso ci sfugge. Non resta da far altro che leggere ciò che Jarry ha scritto. Si vedrà così che si è in presenza di un non-testo, di un’implosione totalizzante del miglior teatro occidentale, che sortisce effetti di disgusto, spaesamento, incredulità e, in alcuni casi, perfino rabbia. “Com’è stato possibile dare alle stampe una merdra del genere?”. Ebbene Alfred Jarry c’è riuscito ed ha anticipato di qualche decennio le avanguardie letterarie ed artistiche: dal Dada al Surrealismo molti degli autori che si sono cimentati nel tema dell’assurdo si sono dovuti confrontare prima con Ubu. Ma ancora oggi, quest’opera così bizzarra riesce a strapparci un incredulo sorriso. E basterebbe soltanto questo per apprezzarlo a fondo, perché in un mondo così sovraccarico di tutto, c’è ancora qualcosa che riesce a sorprenderci nel profondo. E questo è Ubu.

Adelphi editore, 2013, 190 pagine, 12€

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